La rubrica “E’ bene sapere” si propone di affrontare una spigolosa questione che di frequente si presenta in caso di successione in cui rientri un conto corrente cointestato: che cosa accade se, prima o dopo la morte di una persona, il cointestatario del conto corrente ritira parte o l’intero deposito in giacenza senza informare gli eredi?
In caso di apertura di una successione, a seguito della morte di una persona, se vi sono più eredi l’eredità spetta pro quota a ciascuno di essi. Una volta accettata l’eredità i singoli eredi diventano tra loro coeredi. Ma che cosa succede se uno dei coeredi, che si trova anche ad essere titolare di un conto cointestato con il defunto, o de cuius, si appropria di tutto il denaro presente nel conto? Per la verità, poi, è possibile che il cointestatario del conto corrente non sia neppure uno degli eredi. Ad ogni modo si tratta di un’ipotesi di lesione nei confronti dei coeredi che si può verificare sia prima che dopo la morte del contitolare. E allora ci si può chiedere che cosa possono fare i coeredi nel caso in cui si vedano privati del denaro che gli spetta? In effetti, vedremo, in alcuni casi essi possono agire contro il cointestatario che abbia eseguito prelievi arbitrari, sia in sede civile che in sede penale.
Il conto corrente oltre a essere di esclusiva titolarità di un soggetto può anche essere cointestato, vale a dire intestato a due o più soggetti. I conti cointestati possono, poi, essere di tre tipologie:
C’è però una precisazione che si rende necessaria: vi sono casi in cui la cointestazione risulta fittizia. Difatti, chi ne ha interesse può dimostrare che la cointestazione è fittizia in quanto, ad esempio, il conto è alimentato esclusivamente da uno dei contitolari.
Questa la prassi in caso di successione sul conto corrente cointestato: essa segue, o forse per meglio dire seguiva, un iter parzialmente diverso a seconda che si tratti di conto cointestato a firma congiunta o disgiunta. Nel primo caso, dal momento che tutte le operazioni devono avvenire con autorizzazione di ciascun titolare, la morte e l’apertura della successione determinano un blocco del conto stesso. La banca presso cui il de cuius aveva il conto corrente, una volta appreso del decesso, procede ad un congelamento dell’intero importo afferente al conto, a prescindere dal fatto che il 50% delle somme e dei titoli eventualmente depositati sia di proprietà del contitolare superstite. Viceversa, nel caso di firma disgiunta, appresa la notizia della morte di uno dei contitolari, il congelamento delle somme potrebbe concernere la sola quota di spettanza del de cuius, se pure, per ragioni di tutela della banca stessa, è invalsa nella prassi la tendenza a bloccare comunque l’intero conto cointestato. Una questione che potrebbe destare preoccupazione è il problema delle spese funerarie, ossia se a prescindere dal blocco del conto corrente cointestato in successione sia possibile detrarre da esso le somme occorrenti per la funzione funebre. Solitamente le banche consentono queste operazioni, esentando le somme necessarie dal blocco. A seguito del blocco del conto corrente ogni operazione deve essere espressamente autorizzata da tutti gli eredi, onde per evitare che il cointestatario superstite si possa appropriare delle somme. La banca, dal canto suo, diventerebbe responsabile unicamente nel caso in cui, a seguito del blocco operato sul conto, consentisse arbitrariamente al contitolare di prelevare il denaro. Per questi motivi è importante che in entrambi i casi gli eredi diano subito notizia all’istituto di credito del decesso di uno dei contitolari di conto corrente, in modo da congelare il deposito sino al momento dell’attribuzione definitiva dell’eredità secondo le quote a ciascuno spettanti. Dopodichè l’istituto di credito procede ad identificare gli eredi e le quote di loro spettanza e solo allora procede a scongelare le somme presenti sul conto, in modo che si possa aprire la successione. Nello specifico i coeredi hanno l’onere di presentarsi presso l’istituto di credito ed esibire: la dichiarazione di successione, (effettuata previamente all’Agenzia delle Entrate), la ricevuta di pagamento della tassa di successione e il certificato di morte. Tale adempimento comporta lo sblocco del conto (con conseguente libertà del titolare superstite di effettuare operazioni), e gli eredi potranno acquisire le somme presenti nella parte di proprietà del defunto, secondo la propria quota di spettanza.
Questa è la prassi in caso di successione di un conto corrente cointestato a più persone, o almeno così era sino alla recente pronuncia della Corte di Cassazione che si staglia in contrasto. Come vedremo, infatti, secondo la giurisprudenza più recente della Corte l’ipotesi di blocco del conto corrente deve essere destinata a cedere il posto alla possibilità per il contitolare, a seguito della morte dell’altro titolare del conto, di chiedere l’adempimento dell’intero saldo.
Pensiamo a questa ipotesi: potrebbe verificarsi che, il cointestatario del conto corrente, legittimato a prelevare denaro, prima del decesso dell’altro contitolare attinga al denaro presente nel conto, anche svuotandolo quasi completamente e sottraendolo quindi agli eredi di quest’ultimo. Tale comportamento è illegittimo ma tuttavia non è possibile per i coeredi chiedere il risarcimento alla banca. Difatti quest’ultima ha solamente adempiuto il proprio dovere, consentendo il prelievo a chi è legittimato a farlo. Se le operazioni bancarie in danno ai coeredi sono state compiute dal contestatario del conto prima della morte del de cuius le possibilità di tutela per gli eredi sono scarse e il denaro prelevato prima del decesso dal cointestatario di regola non confluirà nell’asse ereditario.
Possiamo però ipotizzare i casi di circonvenzione di incapace (ad esempio di un anziano circuito dal cointestatario del conto, persona di sua fiducia, per farsi attribuire il denaro) in cui si configura un reato e pertanto vi è una possibilità di restituzione delle somme.
In ipotesi del genere, inoltre, è sempre possibile dimostrare la provenienza unilaterale del denaro nel conto, alimentato dai versamenti di uno solo dei cointestatari. Ad esempio questo accade quando su un conto viene accreditato lo stipendio o la pensione di uno dei due contitolari, mentre l’altro cointestatario, ad esempio un figlio, non vi versa mai il proprio denaro. Come accennato, in questi casi dimostrati di contestazione fittizia è possibile superare la presunzione di comproprietà e ritenere che i soldi appartengano interamente al solo dei contitolari che versa il denaro; solo allora il contestatario dovrà restituire agli altri eredi tutto il denaro prelevato prima del decesso.
Altra eccezione a tale regola avviene nel caso in cui l’operazione di spostamento o prelievo di alcune delle somme presenti nel conto contestato venga considerata come una donazione. In particolare nel caso in cui sia possibile ricondurre l’operazione sotto la fattispecie della donazione tipica, per la cui validità è richiesta la forma dell’atto pubblico (tranne la donazione di modico valore) e non della donazione indiretta, per la quale non è invece prevista la forma solenne. Una pronuncia della Corte di Cassazione risalente al 2017 -1-ha definito la questione. Il caso in esame riguardava un trasferimento di valori in favore di un beneficiario da parte del titolare del conto, deceduto poco dopo tale operazione. La Suprema Corte ha rilevato che non è corretto inquadrare nella donazione indiretta, il trasferimento di valori (o dunque denaro) per spirito di liberalità, per mezzo della banca, dal beneficiante al beneficiario. Non si tratta dunque di una donazione indiretta, ma di una donazione tipica ad esecuzione indiretta, per la quale occorre la forma solenne dell’atto pubblico. Qualora la forma dell’atto pubblico, come nel caso di specie, non sia rispettata, l’operazione è invalida ed il beneficiario dovrà restituire i valori, i quali confluiranno nuovamente nell’asse ereditario: gli eredi hanno, difatti, 10 anni di tempo per contestare le operazioni fatte in loro danno attraverso un’apposita azione legale chiamata azione di riduzione di legittima. E’ tuttavia fatto salvo il caso in cui ricorra l’ipotesi della donazione di modico valore, la quale non sarà aggredibile.
Nella prassi, all’apertura della successione di un conto corrente cointestato a firma disgiunta, solitamente accade che la banca blocchi la quota del de cuius di conto cointestato in successione, e che l’altro (o gli altri) titolare del conto non possa effettuare operazioni eccedenti la quota di sua spettanza; egli può quindi continuare a eseguire operazioni quantomeno in misura corrispondente alla propria parte degli importi. In realtà più di frequente, onde evitare contestazioni di ogni tipo, le banche decidono di congelare l’intero conto in caso di morte di un contestatario e l’intera giacenza viene sottratta alla disponibilità del contestatario superstite. In questo caso, a seguito del congelamento di parte o tutto il conto corrente, qualora la banca consenta operazioni riguardanti il denaro bloccato al contitolare superstite sarebbe in effetti responsabile nei confronti degli eredi. Vero è, d’altro canto, che, nel caso in cui la banca non sia stata messa a conoscenza della morte e all’apertura della successione il contitolare rimasto in vita svuotato l’intero conto corrente, sottraendo ai coeredi del defunto la disponibilità della loro quota di spettanza, la banca non può essere chiamata a rispondere per le somme indebitamente percepite dal correntista superstite. L’unica possibilità per gli eredi è quella di rifarsi in sede civile citando in giudizio il cointestatario autore delle operazioni.
Ad ogni modo tale prassi del blocco del conto corrente è -forse- destinata ad essere lasciata da parte, in favore di una nuova modalità, introdotta da una recente ordinanza del 19 marzo 2021 della Corte di Cassazione -2-. Quest’ultima è intervenuta sulla questione stagliandosi in contrasto con la prassi del congelamento del conto da parte della banca. La pronuncia è storica: la Cassazione ribalta le procedure delle banche sul conto cointestato in caso di decesso. La Corte ha stabilito, infatti, che in caso di conti cointestati con firma disgiunta, qualora una delle persone contitolari morisse, l’altra avrebbe il diritto di chiedere l’adempimento dell’intero saldo del libretto di deposito a risparmio, e tale richiesta libererebbe la banca verso gli eredi del contitolare deceduto. In altri termini la Suprema Corte ha evidenziato un obbligo della banca, scaturente dalla disciplina del contratto bancario, di permettere al singolo cointestatario, anche dopo la morte dell’altro contitolare, di poter pienamente disporre dell’intera somma depositata; ferma restando, però, la necessità di dover verificare la correttezza di tale attività nell’ambito dei rapporti interni tra colui che abbia prelevato e gli eredi del cointestatario deceduto. E ciò in considerazione della solidarietà dal lato attivo dell’obbligazione fra contitolari e istituto di credito, che sopravvive alla morte di uno dei contitolari. L’art. 1854 del Codice Civile, infatti, in materia di contratti bancari, regola il caso di conto corrente cointestato a firma disgiunta, prevedendo che “gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto”. Il che significa che ciascuno dei correntisti può pretendere per intero l’adempimento dell’obbligazione derivante dal contratto di deposito bancario, impartire un ordine alla banca, con effetto vincolante per tutti gli altri contitolari. Ma questo non vuole dire che l’erede privato delle somme cui avrebbe avuto diritto, in virtù delle quote di legittima o del testamento rimanga senza tutela. Tale regola della solidarietà attiva concerne, infatti, il solo rapporto obbligatorio esistente tra istituto di credito e titolari del conto e non riguarda i rapporti interni tra cointestatari, o tra gli eredi di questi ultimi. Nei rapporti interni tra contitolari del conto, si applica la disposizione dell’art. 1298, 2 comma, c.c., in forza del quale le somme depositate si presumono appartenenti alla pluralità di intestatari in pari misura, se non è diversamente previsto dalle parti -3-. Per questo motivo i coeredi lesi potranno rifarsi nei confronti del cointestatario autore delle operazioni di svuotamento del conto, ma non nei confronti della banca.
Permane dunque la possibilità per gli eredi di citare in giudizio il cointestatario che abbia prelevato più della sua parte di spettanza o addirittura l’intera somma, al fine di vedersi restituita la parte di eredità di loro spettanza. E’ importante, pertanto, rivolgersi ad un legale per procedere con azioni di rivendicazione sul conto corrente cointestato. Nei casi più gravi, inoltre, e connotati da dolo (ossia intenzionalità di percepire il denaro in maniera indebita), l’erede leso dal cointestatario potrà anche sporgere querela nei suoi confronti per il reato di appropriazione indebita. Attenzione perché in questo caso il termine per agire è ristretto: la querela va infatti depositata entro 3 mesi dalla avvenuta conoscenza del fatto.