La rubrica “dalla Loro parte” si propone, questa volta, di approfondire un argomento di gran lunga importante per la gestione delle persone anziane (e non solo), ossia la possibile nomina di un amministratore di sostegno, una figura che può intervenire in molte situazioni a rischio come la gestione del patrimonio o la stesura del testamento.
Nel nostro ordinamento non esiste una specifica norma che imponga l’assistenza morale e materiale all’anziano in quanto tale. D’altra parte vero è che la legge pone a favore dei soggetti più bisognosi alcune tutele; si può pensare in primis all’obbligo di sostentamento di chi non è in grado di provvedere a se stesso, quantomeno dal punto di vista economico: ad esempio il coniuge, oppure i figli sono tenuti a versare gli alimenti, ciascuno in proporzione delle proprie condizioni economiche, al parente indigente. Inoltre prendersi cura di un genitore che, a causa della salute precaria, dell’età avanzata o delle ridotte disponibilità economiche, non riesce più a provvedere a sé stesso, non è solo un dovere morale ma anche giuridico per i figli. La stessa Corte di Cassazione (sentenza n. 44098/2016) ha chiarito che l’abbandono dei genitori costituisce reato: la sentenza ha affermato infatti la reciprocità dei doveri familiari fra genitori e figli. Dunque, un figlio che faccia mancare i mezzi di assistenza all’anziano genitore rischia l’accusa di violazione degli obblighi di assistenza familiare, o di abbandono di minori o persone incapaci.
Ad ogni modo, al di la del fatto che a dover assistere una persona anziana sia nello specifico un figlio oppure un altro parente, un coniuge, o altri soggetti, nella prassi ci si trova spesso a dover affrontare con ansia e preoccupazione le problematiche inerenti alle cure e alla gestione del patrimonio dei nostri cari più anziani. In questi casi può essere particolarmente utile ricorrere alla nomina di un amministratore di sostegno.
Quando una persona non è più in grado di provvedere alle proprie necessità (anche se temporaneamente) una soluzione molto efficace è quella di richiedere l’ausilio di un soggetto nominato dall’autorità giudiziaria: la legislazione in materia prevede, in base alle circostanze o alle necessità, la possibilità di richiedere l’assistenza di curatori, tutori o amministratori di sostegno.
Per quanto riguarda le figure di curatore e tutore, questi hanno la responsabilità di rappresentare la persona in tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, oltre alla cura dei suoi interessi personali. In entrambi i casi occorre però, come presupposto, un giudizio di interdizione o inabilitazione del soggetto che necessita l’assistenza.
Ma non sempre lo stato di infermità o l’anzianità sono tali da violare capacità di intendere e volere del soggetto. E allora in questi casi è possibile ricorrere alla figura dell’amministratore di sostegno (ADS), che aiuta la persona e la sostiene nei bisogni quotidiani, ma che giuridicamente non si sostituisce ad essa.
Occorre chiarire brevemente la principale differenza fra le figure di tutore (e curatore) e amministratore di sostegno:
L’amministratore di sostegno è, dunque, una figura istituita dalla legge n. 6/2004 con il preciso compito di assistere e sostenere determinate categorie di soggetti che non sono in grado di provvedere ai propri interessi economici, patrimoniali e di cura della persona, sia temporaneamente che in maniera permanente. La disciplina di questo istituto è contenuta principalmente negli artt. 404 e seguenti del Codice Civile. La funzione di questo istituto è di particolare importanza in quanto permette di fare si che una persona, sia essa legata al beneficiario da vincoli affettivi oppure un professionista esterno, accompagni il soggetto anziano in tutte quelle mansioni quotidiane che concernono la sua cura, nonchè lo aiuti nella gestione del suo patrimonio, o lo affianchi in atti più complessi come la stesura di un testamento. Dell’importanza della figura dell’Amministratore di sostegno se ne è parlato spesso recentemente, in relazione al problema della vaccinazione degli anziani privi di un ADS che potesse supportarli nelle decisioni riguardanti problemi sanitari.
Tra i beneficiari dell’istituto dell’amministrazione di sostegno non vi sono unicamente gli anziani, ma anche i soggetti disabili fisici e/o psichici, i malati gravi, i tossicodipendenti o gli alcoldipendenti.
La domanda deve avere la forma del ricorso, che viene depositato presso la cancelleria del giudice tutelare del luogo di residenza o domicilio del soggetto beneficiario. Tale ricorso può essere presentato:
Nella domanda devono essere indicate le ragioni per cui si richiede la nomina: occorre specificare, ad esempio, ciò che il beneficiario è ancora in grado di compiere autonomamente e in cosa invece necessita di assistenza.
Il Giudice tutelare potrà parlare direttamente con il potenziale beneficiario e avrà tempo sino a 60 giorni per emettere un decreto motivato di nomina, che sarà immediatamente esecutivo.
La scelta di una persona precisa come amministratore di sostegno può essere effettuata dallo stesso richiedente anche con un atto pubblico o con una scrittura privata autenticata; è infatti diritto dell’interessato proporre un nominativo. In assenza di indicazioni il giudice dovrà designare una persona tenendo in ogni caso conto dell’opinione del richiedente e la scelta dovrà vertere, normalmente, sui parenti più vicini (il coniuge, il padre o la madre, i figli o i fratelli/sorelle, la persona convivente, o, in ultimo, tra i parenti di 4° grado).
Il nucleo familiare conflittuale:
Solo qualora non ci siano i presupposti per scegliere una persona del nucleo familiare, sarà possibile nominare anche un soggetto esterno. Come abbiamo detto, la scelta può ricadere (e di solito ricade) sulle persone legate affettivamente al beneficiario, ma qualora sussistano gravi conflitti endo-familiari è possibile che, invece, la scelta cada su un soggetto esterno al nucleo familiare. Rientrano nella definizione di conflitto endo-familiare le discussioni e i litigi, qualsivoglia sia la loro origine, che creano all’interno del nucleo un clima di quotidiana tensione. Qualora il giudice cautelare accerti la presenza di una conflittualità interna al nucleo familiare, la soluzione che meglio consente di tutelare gli interessi del beneficiario è rappresentata dalla nomina di un amministratore esterno. Il criterio dell’interesse del beneficiario assicura, pertanto, al giudicante un’ampia discrezionalità nell’operare la scelta, che deve in ogni caso rappresentare la massima espressione della tutela degli interessi, delle necessità e dei bisogni del beneficiario.
Non possono però ricoprire tale funzione gli operatori dei servizi pubblici o privati che hanno in cura e a carico il beneficiario.
Il decreto di nomina del giudice tutelare indica i confini entro cui deve svolgersi l’attività dell’amministratore. In generale egli ha poteri di assistenza nell’affiancare il beneficiario ma senza sostituirsi ad esso, e altresì poteri di rappresentanza. Inoltre per gli atti definiti “di straordinaria amministrazione”, come ad esempio l’acquisto o la vendita di una casa o l’accettazione di una eredità, è sempre necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare.
Il beneficiario conserva, poi, la sua capacità di agire in tutte quelle attività non precisate nel decreto.
Fra i doveri dell’amministratore, dopo la nomina e il giuramento, vi è quello di prestare sempre grande attenzione agli interessi del beneficiario; difatti è fondamentale il rapporto di fiducia che lega l’amministratore all’amministrato, il quale deve essere sempre tempestivamente informato degli atti compiuti nel suo interesse. Nel caso di eventuale dissenso del beneficiario, prima del compimento dell’atto, l’amministratore ha il dovere di informare il giudice tutelare il quale adotterà, con decreto, gli opportuni provvedimenti. Infine, fra i doveri dell’amministratore rientra l’obbligo di presentare periodicamente al giudice un rendiconto, sull’attività svolta e sulle condizioni del beneficiario.
L’attività, peraltro, è svolta gratuitamente. Sebbene, in realtà, nei casi in cui l’incarico sia particolarmente gravoso, ad esempio a causa dell’entità del patrimonio dell’assistito, può essere riconosciuta all’ADS una indennità, da parte dell’autorità giudiziaria.
L’incarico può avere una durata temporanea, con eventuale proroga prima della scadenza, o indeterminata (qualora l’amministratore di sostegno sia un coniuge o un convivente).
Il rifiuto delle cure:
L’istituto in questione ha dato vita ad annose questioni circa i limiti d’azione dell’amministratore di sostegno. In particolare una questione che ha fatto a lungo discutere è se sia possibile contemplare per l’amministratore un potere di rifiuto delle cure, nell’interesse del proprio amministrato. In effetti la Legge 219/2017 in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento stabilisce che l’amministratore di sostegno, in assenza di disposizioni anticipate, può rifiutare, senza bisogno alcuno di autorizzazione da parte giudice tutelare, le cure necessarie al mantenimento in vita dell’amministrato. A ben vedere si potrebbe così determinare in capo all’ADS un’arbitraria attribuzione del potere di decidere della vita e della morte del soggetto. Sulla questione di costituzionalità la Corte Costituzionale è intervenuta con sentenza n. 144 del 13 giugno 2019, e ha sancito la assoluta conformità alla Costituzione della Legge in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento: il beneficiario di ADS ben può essere privato della capacità di porre in essere atti personalissimi, ivi compreso il rifiuto delle cure, quando ciò tuteli i suoi interessi, se pure secondo i giudici una tale privazione esiga un’espressa disposizione da parte del giudice tutelare, in sede di provvedimento di apertura dell’amministrazione ovvero successivamente.
La violazione delle funzioni di amministratore:
Come abbiamo detto, dal decreto di nomina dell’amministratore derivano precisi obblighi e responsabilità, la cui violazione ha delle conseguenze. Seppur non espressamente previsto dalla legge, l’amministratore di sostegno viene considerato a tutti gli effetti un pubblico ufficiale, posto dunque sullo stesso piano del tutore, con le conseguenze penali che la sua qualità di pubblico ufficiale comporta. Vediamo, dunque, in quali tipologie di reato potrebbe incorrere l’amministratore di sostegno.
La revoca dell’amministratore di sostegno è un fenomeno che sta ricevendo sempre maggiore interesse da parte sia del beneficiario sia dai familiari. La revoca può avvenire o ad iniziativa del giudice tutelare, oppure, come accade il più delle volte, in base alla domanda presentata dallo stesso beneficiario, da un familiare o dal pubblico ministero.
La revoca dell’amministratore di sostegno può avvenire in due ordini di casi:
– quando vengono meno le ragioni stesse per le quali l’amministratore di sostegno era stato nominato;
– quando l’amministratore di sostegno non agisce nel rispetto dei suoi doveri e non persegue l’interesse del beneficiario;
Le conseguenze della revoca dell’amministratore di sostegno sono due: si potrà verificare la chiusura definitiva dell’amministrazione di sostegno o la sostituzione dell’amministratore in funzione. In ogni caso non è semplice ottenere la revoca e la sostituzione dell’ads: occorre infatti dimostrare che l’amministratore in carica non è adeguato nel caso concreto.
Lo Studio legale Rolli & Partners, tra l’altro, si occupa di ricorsi per la nomina e la revoca dell’amministratore di sostegno.