Molto spesso azioni che apparentemente possono sembrarci normali, come inviare lo screenshot di una conversazione privata ad una terza persona, se poste in essere senza il consenso, possono provocare una violazione del diritto alla riservatezza, nonchè un illecito trattamento dei dati personali di un’altra persona. La rubrica “E’ bene sapere”, fornendo alcuni esempi di comportamenti solo apparentemente innocui, tenuti tramite l’uso degli smartphone, affronta la tematica della tutela del diritto alla privacy e dei dati personali, all’interno del fenomeno dell’innovazione digitale.
La progressiva innovazione digitale ha determinato la crescita di nuove applicazioni e tecnologie, provocando un incremento del numero di dati personali che viaggiano in rete, nonché un aumento esponenziale dei pericoli connessi al loro illecito utilizzo da parte di soggetti non autorizzati.
A parere di chi scrive è sempre maggiore l’esigenza di diffondere una cultura di tutela della privacy e dei dati personali.
Il diritto alla riservatezza, o diritto alla privacy, può essere descritto come il diritto a tenere segreti aspetti, comportamenti o atti relativi alla sfera intima della persona, impedendo che tali informazioni vengano divulgate senza l’autorizzazione del soggetto interessato. Per dati personali si intende, invece, quelle informazioni che identificano o rendono identificabile una persona fisica e che possono fornire informazioni sulle sue caratteristiche, il suo stato di salute, la sua situazione economica, ecc. Può trattarsi di dati dati anagrafici o di immagini che raffigurano il soggetto, del codice fiscale, oppure ancora di c.d. dati sensibili, che rivelano ad esempio l’origine razziale od etnica, le convinzioni religiose, la salute o la vita sessuale altrui, oppure di dati c.d. dati giudiziari, che rivelano l’esistenza di determinati provvedimenti giudiziari a carico del soggetto.
Risulta sempre più semplice, soprattutto con i cellulari, registrare una conversazione (anche tramite video) per poi inoltrarla ad altri o diffonderla sui social network. E’ bene tenere presente che in alcuni casi un comportamento del genere, tenuto senza il consenso dei soggetti che hanno partecipato alla conversazione, può avere conseguenze legali. Occorre distinguere due casi:
E’ sempre lecita la registrazione fonografica o video di una conversazione, anche telefonica, alla quale si partecipi (o si assista avendo il permesso), anche qualora la registrazione venga eseguita clandestinamente (nascondendo il registratore, ad esempio). E’ dunque, possibile, registrare una conversazione alla quale si partecipi o assista, anche senza il consenso degli interlocutori, senza incorrere in alcuna conseguenza.
Attenzione! SE la registrazione di una conversazione alla quale si partecipa è sempre possibile, d’altra parte l’eventuale diffusione della registrazione ottenuta (ad esempio la pubblicazione su un social network oppure l’inoltro ad altre persone) non è normalmente consentita senza l’assenso di tutti gli interlocutori. La legge prevede, però, due importanti eccezioni. La diffusione di una conversazione ad opera di uno dei partecipanti è lecita, anche senza il consenso degli interlocutori:
E’ invece sempre vietato registrare, e di conseguenza anche diffondere, senza il consenso delle persone registrate, conversazioni alle quali non si partecipa. In particolare registrare una conversazione fra terze persone costituisce un illecito trattamento dei dati personali, oltre che una violazione dell’articolo 615 del Codice Penale, che punisce le interferenze illecite nella vita privata altrui.
L’invio (tramite screenshot o inoltro di messaggi) di una conversazione privata ad uno o più soggetti terzi rispetto agli interlocutori è diventato quasi un’abitudine ma, in determinati casi, può integrare una fattispecie di reato. Mentre il fatto di aver conservato lo screenshot della chat non può essere contestato, il problema si pone qualora si decidesse di pubblicare lo screenshot, oppure inoltrarlo ad una o ad un gruppo di persone, senza il consenso della persona con cui la conversazione è avvenuta. C’è infatti la possibilità che dallo screenshot possano evincersi dati personali come il nome e cognome con il numero di telefono del nostro interlocutore: la pubblicazione o la comunicazione a terzi di dati personali costituisce una illecita violazione della legge sulla privacy e del trattamento dei dati personali con conseguente sanzione penale.
Una tale condotta può integrare altresì la fattispecie di reato punita dall’art. 595 del Codice Penale, ossia la diffamazione, quando l’azione di diffusione del contenuto di una conversazione privata sia idonea a ledere la reputazione altrui e se lo screenshot sia stato inviato ad almeno due persone, anche se non necessariamente nello stesso momento.
Anche diffondere via chat le immagini (o anche video) che ritraggono altre persone, senza il loro consenso, non è ammesso dalla legge: le immagini ritraenti una persona sono considerate alla stregua dei dati personali, in quanto permettono di identificare la persona stessa. Inoltre, anche in questo caso, se l’inoltro dell’immagine altrui è fatto allo scopo di screditare la reputazione di qualcuno si rischia di commettere il reato di diffamazione, se questa viene inviata a più di una persona.
Al di là della violazione della privacy è bene anche avere presente ciò che prevede la legge nel caso, molto frequente, di condivisione di foto e video dal contenuto sessuale. L’invio e la ricezione consenziente di contenuti erotici su WhatsApp non è illegale, a meno che non si tratti di contenuti riguardanti un minore; in quest’ultimo caso, infatti, la detenzione di materiale pedo-pornografico e la sua distribuzione, divulgazione o pubblicizzazione son punite con pene molto severe, previste dagli artt. 600 ter e 600 quater del Codice Penale. E attenzione, perché la rilevanza penale non viene meno neanche nei casi in cui sia stato il minore ad acconsentire all’invio dello scatto! Al di fuori del caso che si tratti di immagini ritraenti minori, comunque, non è illecito detenere ma è naturalmente contro la legge condividere con terzi un’immagine intima di qualcuno senza il suo consenso, anche se l’immagine ci è stata da quest’ultimo inviata consenzientemente: inoltrare un simile contenuto o inviarne uno screenshot su WhatsApp, anche nel caso in cui lo si facesse nei confronti di una sola persona, farebbe scattare il reato di revenge porn, introdotto recentemente all’art. 612 ter del Codice Penale.
Il numero di telefono è un dato personale e come tale non può essere comunicato a terzi o pubblicato senza prima il consenso del titolare. Inviare o comunicare a qualcuno il numero di telefono altrui costituisce un illecito trattamento dei dati personali.
E attenzione! Anche inserire qualcuno in un gruppo WhatsApp senza consenso costituisce un illecito trattamento dei dati personali in quanto in questo modo verrà diffuso ai contatti all’interno del gruppo il suo numero di telefono.
Le email, le chat, e gli sms sono le nuove forme di corrispondenza. La libertà e segretezza della corrispondenza è costituzionalmente tutelata dall’art. 15 Cost. Chiariamo che, l’atto di spiare le conversazioni altrui sul cellulare o sull’account e-mail può avvenire in due modi: violando le credenziali di accesso, ottenendole con l’inganno o tramite tentativi, oppure grazie al fatto che l’altra persona, visto il rapporto di fiducia, ci ha comunicato le credenziali stesse. E’ pacifico che il fatto di essere a conoscenza del codice di sblocco dell’altrui telefonino o della password di accesso alle e-mail, non legittima ad accedervi in difetto del consenso del relativo titolare. Pertanto chi spia il cellulare altrui, anche essendo già a conoscenza delle credenziali di accesso o di sblocco ma usandole senza l’altrui consenso, commette una violazione della privacy. Allo stesso modo commette una violazione della privacy chi spia le conversazioni private violando le credenziali di accesso. In quest’ultimo caso, però, si rischia altresì di commettere il reato di accesso abusivo a sistema informatico, punito dall’art 615 del Codice Penale.
Precisiamo che spiare la chat altrui è vietato in qualunque modo ciò avvenga, sia con l’uso di strumenti informatici, con il semplice uso degli occhi o immortalando le conversazioni con degli scatti fatti con un altro telefonino.
Attenzione! Secondo la giurisprudenza il reato sussiste anche quando il fatto di spiare le conversazioni altrui serve a far valere un proprio diritto in tribunale (ad esempio a provare il tradimento del coniuge ai fini dell’addebito della separazione).
Seguire gli spostamenti di una persona non costituisce un illecito, purchè ciò non diventi un comportamento assillante che sfocerebbe nei reati di stalking o molestie. E’ vero, dunque, che ricercare la posizione di un altro smartphone non è vietato dalla legge. Ma attenzione, perché nella pratica si rischia di violare la legge.
Anzitutto per localizzare un cellulare bisogna conoscere le altrui credenziali di registrazione al sistema di localizzazione predisposto da Google o da Apple. Come già chiarito, chi ne è in possesso ma non ne è titolare, non può accedere all’altrui account, rischiando altrimenti di commettere una violazione della privacy, mentre chi viola le credenziali rischia di commettere il reato di accesso abusivo a sistema informatico.
In secondo luogo si è da tempo diffusa la localizzazione cellulare tramite app spia nel cellulare altrui. In questo secondo caso si utilizzano dunque dei sistemi che operano al di là della volontà del soggetto di essere intercettato. In tal caso si commetterebbe una violazione della privacy oppure addirittura un comportamento che configura reato. La Corte di Cassazione stessa ha ritenuto che installare un software spia sul cellulare altrui configura il reato di installazione di apparecchiature atte ad intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni, punito dall’art. 617-bis del Codice Penale.